mardi 5 juillet 2011

La lingua italiana si trasforma con i social network

Studi di settore a Bari e a Milano rivelano il pericolo di “inquinamento” dell’italiano

Ci affascinano, ci consentono di trascorrere un po’ di tempo piacevole conversando con i nostri amici, ci permettono di risparmiare sulle telefonate o sui messaggini sms. Sono i social network, le “reti sociali” nate nei primi anni del 2000 che oggi registrano un boom di utenti senza precedenti. Tra questi, Facebook detiene il primato, riscuotendo un enorme successo, specialmente tra i giovani che dichiarano di accedervi almeno due volte al giorno.

Ammettiamolo: Facebook ci ha cambiato l’esistenza, ci rende più flessibili e soprattutto maggiormente permeabili agli influssi esterni, positivi e negativi che siano. Leggiamo ogni secondo notizie pubblicate sulle bacheche dei nostri amici, senza curarci minimamente della forma e dello stile, badando semplicemente al contenuto espresso da tali messaggi o, addirittura, non leggiamo proprio nulla, ma restiamo attratti dai colori.

L’utente disattento non si preoccupa della normativa linguistica, preferendo “sorvolare” -un po’ per ignoranza, un po’ per superficialità- sugli errori linguistici che si commettono ogni secondo durante le conversazioni via chat, nei messaggi in bacheca e in quelli privati. Così, in pochi si accorgono della mancanza di accento sulla “e” con funzione di copula, di “h” che accompagna la “a” con funzione di verbo.

Si potrebbero elencare centinaia di errori rilevanti di grammatica italiana presenti su Facebook, ma certamente il repertorio risulterebbe infinito. Sono i ragazzi tra i 19 e i 28 anni a commetterne di più, soprattutto i residenti nel Nord Italia. A Milano, un breve test grammaticale, somministrato a ragazzi diplomati e laureati rivela lacune gravissime soprattutto nell’ambito della morfologia e della sintassi italiana.

Il 40% dei soggetti esaminati non conosce ancora l’uso del modo congiuntivo né riesce ad applicarlo in situazioni di vita pratica, il 20% invece, ha ancora difficoltà di applicazione dei pronomi personali, mentre, fortunatamente il restante 40% dimostra di padroneggiare in modo soddisfacente la lingua italiana. Preoccupati i professori universitari i quali addossano le colpe di tali risultati ai metodi superficiali di insegnamento utilizzati nelle scuole dell’obbligo.

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